A un mese dal lancio dell’IPO di Facebook sono successe molte cose, da picchi al ribasso a class action, iniziamo quindi a tirare le somme. La quotazione iniziale partiva da 38$ per azione e assegnava alla società un valore di 104 miliardi $, facendo di Facebook la più grande società tecnologica mai quotata, più di Google e LinkedIn (il primo social network a quotarsi).
Sin dalla chiusura del primo giorno si è capito che le aspettative non sarebbero state confermate, ha chiuso infatti a 38.23$, un misero +0.37 (0.97%), ben al di sotto delle aspettative! Un simpatico esperimento basato sulle votazioni degli utenti aveva previsto una chiusura a 54$, ovviamente smentita.
Oggi si trova a 31.5$, in rialzo già da qualche giorno, ma è l’andamento generale a non ispirare fiducia, con frequenti alti e bassi e costantemente sotto all’offerta iniziale di 38$. Ampiamente al di sotto delle aspettative per il primo social network al mondo con più di 900 milioni di utenti, si può parlare di bolla quindi? E’ difficile a dirsi, perché altri social network e società tecnologiche hanno dimostrato che quotarsi può far bene; perciò si può attribuire questo deficit al ritardo della quotazione nel tempo e all’eccessiva valutazione nella quotazione.
A seguito di questo anadamento è stata avviata una class action nei confronti di Facebook e di Morgan Stanley, che ha seguito la quotazione, con l’accusa di non avere comunicato agli investitori che le stime di crescita erano state ridotte in modo significativo prima dell’IPO. Se non bastava, ci sono state anche difficoltà tecniche da parte del Nasdaq nel gestire la quotazione, costringendolo a costituire un fondo da 40 milioni di dollari per risarcire gli investitori. I problemi non si sono registrati solo alla partenza delle contrattazioni ma anche nelle comunicazioni degli ordini lungo il corso della giornata.
Insomma non la partenza che Mark Zuckerberg & co. si aspettavano, la quotazione rimandata per almeno un paio danni si è rivelata fatale, seppure la quotazione di LinkedIn sembrava promettere bene per il mondo dei social network. Ricordiamoci che Facebook è stata costretta a quotarsi in borsa per via delle leggi americane, e Zuckerberg non ha mai avuto intenzione di quotarsi in borsa se non nel momento in cui è stato costretto. A risentire del pessimo andamento di Facebook anche le altre società tecnologiche quotate in borsa, da Zynga a Groupon, fino a LinkedIn (l’unico che si è ripreso al momento).